La fascite plantare, rottura dell’aponeurosi e il taping kinesiologico

Plantar fasciitis, breaking the aponeurosis and kinesiology taping

A cura: Prof. Rosario Bellia

– Docente di taping kinesiologico presso Università  Statale di Valencia (Spagna)

– Fisioterapista della  nazionale  italiana della F.I.H.P.

Le fasciti plantari e le rotture dell’aponeurosi sono affezioni della pianta del piede dello sportivo, che possono comparire negli sport che comportano spinte o salti quali l’atletica leggera, la ginnastica e la danza.

La fascia plantare, composta da tre parti: esterna, interna, media, ha un ruolo essenziale di trasmissione delle forze del tricipite surale alle dita e la sua visco-elasticità permette di restituire per distensione elastica una grande quantità di energia ad ogni falcata o ad ogni salto

a)Fascite plantare: si evidenzia con dolore alla pianta del piede, accentuato di solito in corrispondenza della tuberosità posteriore e interna irradiato lungo il margine  interno dell’aponeurosi sia durante il movimento che alla palpazione. La messa in tensione dell’aponeursi, in dorsi flessione delle dita e della caviglia, scatena il dolore.

L’ecografia mostra irregolarità nella zona d’inserzione della fascia  e può evidenziare una “spina calcaneare” che dimostra l’ipersollecitazione della fascia plantare.

Bendaggio decompressivo nella fase acuta e utilizzo delle solette plantari visco-elastiche, dopo nella fase di rientro sportivo bendaggio di stabilità.

b) Rottura dell’aponeurosi: compare dopo uno sforzo di spinta (scatto,salto) e si traduce in un dolore acuto, violento accompagnato da una sensazione di strappo a livello della pianta del piede e da impotenza funzionale completa, alla palpazione dolore lungo la fascia plantare che prevale in corrispondenza del tubercolo posteriore, sede preferenziale della rottura.

L’aponeurosi plantare superficiale comprende una parte esterna (1), una parte interna (2) e una parte intermedia (3) particolarmente interessata dalla fascite., dalle microrotture e dalle rotture

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L’aponeurosi plantare posta in serie nel sistema suro-achilleo-calcaneo-plantare assicura un ruolo di trasmissione delle forze del tricipite surale verso le dita nella marcia, nella corsa e nel salto.

Eziopatogenesi della lesione

Le lesioni tendinee ed aponeurotiche, come il caso della fascite plantare, possono essere classificate, a seconda della loro eziologia, in traumatiche, microtraumatiche e su base dismetabolica e/o infiammatoria.

Le tendinopatie micro-traumatiche  sono anche definite lesioni da sovraccarico funzionale, in grado di determinare la patologia con un meccanismo diretto e uno indiretto. Questo tipo di lesioni può portare alla

rottura dell’aponeurosi plantare, che rappresenta comunque, l’episodio acuto conseguente ad un processo degenerativo (tendinosi) il quale  talvolta in modo quasi del tutto asintomatico, o preceduto e accompagnato da episodi di infiammazione dolorosa  e coinvolgendo in maniera più o meno estesa la compagine tendinea-aponeurotica, ne determina una diminuzione della resistenza meccanica, che può essere superata da un’improvvisa sollecitazione anche non eccessiva.

I fattori che possono provocare patologie da sovraccarico nei tendini (e in molti casi anche nei muscoli), del collo piede e del piede si possono genericamente dividere in intrinseci ed estrinseci ed agiscono in percentuale variabile da soggetto a soggetto.

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Per quanto riguarda i fattori intrinseci sono essenzialmente:

a)  la variabilità anatomica, con conseguente alterazione più o meno marcata della normale biomeccanica del cammino o del gesto atletico, il che sottopone il collo piede e piede ad uno stress anormale;

b)  le malattie dismetaboliche, che possono favorire reazioni flogistiche locali, nonché provocare l’alterazione della composizione del normale tessuto tendineo fino a determinare un più precoce invecchiamento;

c)  ultimo fattore, ma non meno importante, l’età dell’individuo, gli anni di attività agonistica ed eventuale sovrappeso-sportivo.

Infatti, l’invecchiamento del tessuto tendineo provoca un rallentamento metabolico del collagene tissutale con una diminuzione graduale del rapporto cellule-matrice a favore di quest’ultima, una diminuzione del contenuto idrico delle fibre elastiche, dei proteoglicani e glicoproteine. Scompare inoltre la linea blu, presente a livello giunzionale osteo-tendineo, che svolge un’importante azione modulatrice ed ammortizzante nei confronti delle sollecitazioni meccaniche.

Per quanto riguarda l’alterazione della biomeccanica, uno dei problemi principali è l’iperpronazione del collo piede e del piede durante la corsa, che ha un’azione di frustata, come la corda di un arco, sull’aponeurosi plantare, con conseguente alta frequenza d’infiammazione.

  

Per quanto riguarda i fattori estrinseci, essi diventano spesso determinanti nell’instaurazione della tendinopatia da sovraccarico al collo piede e piede.

Si distinguono principalmente tre fattori:

1) l’allenamento incongruo

2) i terreni di gara o di allenamento

3) la calzatura

Trattamento

Il trattamento della fascite plantare si basa sul riposo iniziale e sul controllo dell’infiammazione. Vediamo allora quali sono le regole più importanti da seguire per facilitare la guarigione, sempre sotto stretto controllo medico.

a) Riposo: sospendere per qualche settimana gli allenamenti ed evitare di camminare o rimanere in piedi troppo a lungo, specie su superfici rigide. Il riposo iniziale aiuta solitamente ad alleviare il dolore e a ridurre l’infiammazione.

E’ molto importante sospendere gli allenamenti ai primi sintomi di fascite plantare: ignorare il dolore continuando ad allenarsi o evitare il dolore con farmaci specifici, favorisce infatti la cronicizzazione della patologia complicandone la prognosi.

Se il dolore è particolarmente intenso ed accentuato dal carico si consiglia di  utilizzare le stampelle per scaricare completamente le sollecitazioni  del piede dolente.

b) Ghiaccio: efficace  quando insorgono le prime  fitte dolorose, sia per attenuare il dolore che per l’azione antinfiammatoria locale che svolge.

c) Lo stretching: aiuta ad allungare i tessuti che circondano il calcagno,  favorendo una minore sollecitazione tissutale e quindi il minore stress tensivo porta verso la guarigione dalla fascite plantare.

d) Farmaci antinfiammatori: particolarmente utili per far diminuire l’infiammazione locale possono essere somministrati per via generale o topica, sempre sotto controllo e prescrizione medica.

e) Plantari e tallonette: sono molto efficaci per correggere le disfunzioni statiche e dinamiche del piede e risolvere definitivamente la fascite plantare. Questi plantari  permettono all’atleta di continuare la loro attività sportiva, lavorativa sia in fase riabilitativa che nella fase postuma per evitare le ricadute.

f) Tutori notturni: aiutano a mantenere allungati i tessuti fibrosi che formano la volta plantare durante il riposo notturno. Affrontando in modo efficace uno dei più fastidiosi sintomi della fascite plantare: quel tanto odiato dolore al risveglio causato, appunto, dalla contrazione notturna dell’aponeurosi. Anche il massaggio della volta plantare e del tallone prima di scendere dal letto e dopo aver fatto lo stretching, può contribuire a ridurre il dolore

g) Controllare le calzature: sia quelle indossate durante la giornata (scarpe antinfortunistiche) che quelle normalmente utilizzate durante l’attività sportiva. Non devono causare un aumento del carico sull’aponeurosi plantare, ossia controllare soprattutto che queste ultime non siano, né troppo rigide, né troppo morbide. Farsi eventualmente consigliare da uno specialista che, in base al “logorio” presentato dalla scarpa stessa, sarà in grado di identificare un’eventuale eccessiva pronazione.

h) Allenamento: diminuire il carico di allenamento, evitare provvisoriamente la corsa che può essere sostituita temporaneamente con la bicicletta e/o il nuoto.

i) Applicare il taping kinesiologico®: con traiettorie specifiche per aiutare il rilassamento dell’aponeurosi plantare (in fase riabilitativa – riposo), mentre nei momenti di ritorno all’attività fisica per sostenere la struttura aponeurotica sotto carico.

l)  Terapie fisiche:  Alcune terapie fisiche si sono dimostrate efficaci nella cura della fascite plantare:

  • ultrasuoni
  • ionoforesi
  • laser
  • tecarterapia
  • onde d’urto (litotritore)

Proprio le onde d’urto aumentano la velocità di rigenerazione legamentosa causando veri e propri microtraumi all’interno dell’aponeurosi plantare. Nonostante l’apparente contraddizione queste onde d’urto aumentano la capillarrizzazione locale ed il metabolismo cellulare favorendo il processo di riparazione spontanea del tessuto legamentoso.

 

Conclusioni

Seguendo questo protocollo la maggior parte dei pazienti trova sollievo nel giro di 4-8 settimane (talvolta possono essere necessari tempi più lunghi fino a 6 mesi-1 anno). Tanto più tempestivamente viene iniziato il trattamento riabilitativo e tanto più precocemente si assisterà ad una riduzione della sintomatologia dolorosa. Al contrario se non si attuano le misure necessarie la fascite plantare, oltre a cronicizzare, tenderà a modificare l’appoggio plantare del soggetto causando a lungo andare  dei sovraccarichi funzionali anche a livello delle ginocchia, del bacino e della schiena.

Se la condizione dolorosa persiste dopo diversi mesi nonostante l’attuazione di questo protocollo riabilitativo, il medico  specialista può decidere di eseguire delle infiltrazioni locali di cortisone per favorire la riduzione dell’infiammazione. Mentre se tutti questi trattamenti si dimostrano inefficaci il medico potrà decidere di ricorrere all’intervento di distensione chirurgica. Come tutte le operazioni chirurgiche anche questo tipo di intervento non è tuttavia privo di rischi e va pertanto effettuato soltanto qualora la fascite non accenni a migliorare dopo un trattamento aggressivo prolungato (8-12 mesi).

Il ricorso all’intervento chirurgico, che può essere svolta in endoscopia o con le tecniche chirurgiche tradizionali, va quindi effettuato soltanto dopo un’attenta valutazione da parte  dello specialista.

               

Nel caso l’intervento ha avuto successo la ripresa delle attività sportiva avviene generalmente dopo due o tre mesi di recupero, rispettando sempre la gradualità nell’aumento del carico allenante e tenendo come regole alcuni accorgimenti per evitare le recidive, che sono sempre in agguato.

Prevenzione

a) variare i percorsi e le superfici d’ allenamento

b) non sottovalutare anche un lieve sintomo alla volta plantare

c) scegliere con la massima cura e precisione le calzature, e quando si cambia marca: usare la nuova scarpa gradualmente nel tempo e non subito per tutto l’allenamento

d) fare almeno una volta all’anno una barostabilometria per valutare la simmetria di carico podalico

e) dopo un periodo di riposo o dopo rientro per infortunio, aumentare in modo graduale il carico allenante

f) dopo un infortunio agli arti inferiori avere molta cura alla tecnica di corsa per evitare asimmetrie di carico

g) se siete reduci da cure antibiotiche tenere presente che queste sostanze possono favorire le tendiniti

h) curare in modo scrupoloso l’idratazione generale specie durante il periodo agonistico, lo scorrimento del tendine dentro la guaina è fisiologico se l’idratazione è adeguata

i) il taping kinesiologico® è un valido aiuto sia in fase agonistica che riabilitativa

j) eseguire in modo regolare dopo ogni seduta d’allenamento lo stretching specifico

k) sottoporsi a sedute di massaggio defaticante periodiche nel periodo agonistico o di carico

l) fare dei pediluvi con preparati decongestionanti adatti

            

Un caro saluto a tutti gli appassionati,

prof. Rosario Bellia

Patologie correlate

a) La malattia di Sever è caratteristica del bambino sportivo (10 – 13 anni), con interessamento del nucleo di ossificazione secondario del calcagno. Questa osteocondrite benigna è dovuta ad iperattività sportiva con ipersollecitazione del sistema suro-achilleo-calcaneo-plantare in occasione della corsa o del salto.

Il segno principale è il dolore evocato alla pressione della parte posteriore e inferiore del tallone, però senza dolore al tendine d’Achille.

Segni predisponesti:

a) Tendine d’Achille corto;

b) Disturbo statico del retropiede: tipo valgo calcaneare.

c) Neuroma di Morton: dolore intenso durante la marcia localizzato al terzo spazio intermetatarsale, caratteristico nella danza, nei podisti, nel pattinaggio, ecc. Inoltre dolore alla pressione latero-laterale dell’avampiede, non si riesce a calzare le scarpe.

La causa è l’aumento di volume di un nervo sensitivo interdigitale , solitamente quello passante nel terzo spazio intermetatarsale, provocato da uno stimolo irritativo cronico di natura meccanica, che causa la crescita di tessuto cicatriziale fibroso intorno al nervo stesso, subito prima della sua biforcazione alla radice delle dita. Termine corretto: “fibrosi perineurale”, cioe’ la formazione di tessuto cicatriziale fibroso causata dalla continua frizione sul nervo delle adiacenti ossa metatarsali.

Bibliografia e sitografia

  • R. Bellia – Generalità sull’applicazione del taping kinesiologico
  • R. Bellia –  Traumatologia nel pattinaggio a rotelle corsa: utilizzo dell’InterX e del taping kinesiologico nei piccoli traumi da sport. – Bergamo 2008 –
  • Rosario Bellia – Il taping kinesiologico: un metodo molto efficace anche nel pattinaggio a rotelle specialita’ corsa.
  • Rosario Bellia  – La sindrome del compartimento anteriore della gamba, un male che affligge tanti pattinatori.-
  • Rosario Bellia  – Trattamento riabilitativo dopo trasposizione del tendine rotuleo secondo Fulkerson – .-

1)  http://www.my-personaltrainer.it/fascite_plantare.html

2) http://www.scienzaesport.com/MO/001A/001A.htm

3) http://www.kinesiobellia.wordpress.com.htm

 

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